Rinuncia all’eredità per debiti: in cosa consiste e le sue conseguenze

La perdita di un familiare è sempre un momento difficile da affrontare, sia dal punto di vista personale, sia perché occorre occuparsi di una serie di decisioni pratiche e legali come gli aspetti riguardanti l’eredità. In particolare, quali conseguenze comporta la presenza di debiti nell’asse ereditario? Quando potrebbe essere opportuno optare per la rinuncia dell’eredità?

Il ricorso alla rinuncia all’eredità è uno strumento che consente di proteggere gli interessi patrimoniali dell’erede, permettendogli di tutelarsi da eventuali esposizioni debitorie accertate che fanno capo al defunto per evitare di farsene carico.

In questo articolo esamineremo come funziona questo meccanismo, i suoi effetti, le regole, le tempistiche da rispettare e le differenze che questo istituto presenta rispetto all’accettazione con beneficio di inventario.

Cos’è la rinuncia all’eredità?

Quando si apre la successione, gli eredi sono chiamati ad acquisire l’intero patrimonio del defunto che nel linguaggio giuridico e burocratico viene chiamato con il termine latino de cuius. Il complesso di beni, diritti e obbligazioni che appartengono al de cuius è definito asse ereditario o massa ereditaria e si compone di:

  • beni mobiliari e immobiliari di proprietà del de cuius (patrimonio attivo);
  • eventuali debiti a suo carico (patrimonio passivo).

Principio cardine del nostro ordinamento è che all’atto di accettazione dell’eredità l’erede diviene immediatamente responsabile, dal punto di vista patrimoniale, del complesso dei debiti contratti dal de cuius. Questo legittima i creditori a rivolgersi agli eredi per ottenere la soddisfazione dei crediti vantati e offre loro la possibilità di mettere in atto, all’occorrenza, tutte le azioni opportune, tra cui anche l’eventuale richiesta di pignoramento della casa o l’eventuale vendita dell’immobile all’asta.

Cosa fare se i debiti superano l’ammontare del patrimonio attivo presente nell’asse ereditario? In questo contesto potrebbe essere molto prudente, per l’erede, ricorrere alla rinuncia dell’eredità, istituto giuridico previsto dall’art. 519 del Codice Civile attraverso cui, lo stesso, esercita il rifiuto dell’intero asse ereditario che, come detto, si compone sia del patrimonio attivo che di quello passivo.

Rinuncia all’eredità e accettazione con beneficio di inventario: che differenze ci sono?

Chiariamo sin da subito che la rinuncia all’eredità non è l’unico strumento presente nel Codice Civile per permettere all’erede di tutelarsi. Un altro espediente previsto dal nostro ordinamento è l’accettazione col beneficio di inventario (art. 484 del Codice Civile).

L’accettazione col beneficio di inventario non comporta la rinuncia complessiva dell’eredità ma consente di mantenere distinto il proprio patrimonio da quello del de cuius. Il ricorso a questa opzione alternativa, quindi, offre all’erede la possibilità di dover pagare i soli debiti dovuti, limitatamente al valore del patrimonio ricevuto in successione.

Vediamo un esempio per capire meglio.

Immaginiamo che Tizio accetti con beneficio di inventario il patrimonio del padre per una somma complessiva di 200.000 euro ma con un’esposizione debitoria di 300.000 euro. L’erede che accetterà con beneficio di inventario, in questo caso, sarà chiamato a rispondere dei debiti ereditati solo fino all’importo massimo della cifra che ha ricevuto in eredità, cioè 200.000 euro.

Un aspetto importante a cui prestare attenzione in questa procedura sono i termini entro cui redigere l’inventario e accettare o rinunciare all’eredità. Al riguardo, l’art. 485 del Codice Civile fornisce un’indicazione chiara: l’inventario deve essere fatto entro tre mesi dall’apertura della successione, con l’eventuale possibilità di richiedere un’ulteriore proroga. Trascorso tale termine senza che l’inventario sia compiuto, il soggetto sarà considerato erede puro e semplice, quindi alla stregua di chi decide di accettare l’eredità nella sua totalità.

Se invece ha compiuto l’inventario, ma entro i tre mesi non ha ancora fatto la dichiarazione di accettazione o rinuncia all’eredità, potrà disporre di ulteriori 40 giorni per decidere se diventare erede oppure no

Ora che abbiamo distinto i due strumenti, approfondiamo la procedura di rinuncia all’eredità e il suo funzionamento

Rinuncia all’eredità in caso di debiti: come funziona

La rinuncia dell’eredità è una facoltà di cui dispone l’erede, che produce i suoi effetti solo se redatta in forma scritta. La dichiarazione deve essere compilata davanti a un pubblico ufficiale (notaio o cancelliere), presentata al Tribunale competente e inserita nell’apposito registro delle successioni.

 In questo documento l’erede deve esprimere la sua volontà di voler rinunciare all’eredità, senza la necessità di indicare alcuna motivazione specifica e indipendentemente dal fatto che ci sia o meno un testamento. Ecco i documenti necessari per presentare la rinuncia all’eredità:

  • carta d’identità dell’erede;
  • codice fiscale del defunto;
  • copia conforme del testamento, se presente;
  • certificato di morte originale del defunto.

Non è ammessa la rinuncia all’eredità previo pagamento di un contributo da parte degli altri eredi o se sono stati fatti accordi specifici sulla divisione dell’asse ereditario: questi casi determinano la diretta accettazione dell’asse ereditario, compresi i debiti a carico del defunto.

Rinuncia all’eredità per debiti: le tempistiche previste

L’erede può rinunciare o meno all’eredità entro il termine di 10 anni, frangente temporale che in alcuni casi può essere ridotto. Prendiamo in esame la situazione in cui un soggetto è in possesso di uno o più beni del defunto (si pensi al coniuge che abita nella casa coniugale): in questo caso l’erede potrà accettare o rinunciare all’eredità entro il termine di 3 mesi.

Altra situazione che consente la compressione dei tempi è determinata dalla richiesta al Tribunale, da parte degli altri eredi o creditori, di fissare un termine entro cui stabilire l’accettazione o la rinuncia dell’eredità, la cosiddetta actio interrogatoria: il Tribunale, sentiti i singoli aventi diritto, fissa un termine entro cui questi ultimi saranno chiamati a esercitare tale facoltà. In questo modo, i creditori possono individuare il soggetto verso cui procedere con un’azione esecutiva. Infatti, sarà necessario attendere l’accettazione dell’asse ereditario per procedere con la notifica di eventuali atti esecutivi al nuovo proprietario, che diventa tale solo se accetta l’eredità.

Rinuncia all’eredità in caso di debiti da parte dell’erede

Altra circostanza degna di attenzione è quella in cui sia lo stesso erede ad avere dei debiti insoluti. In caso di accettazione pura e semplice dell’eredità da parte dell’erede-debitore, i suoi creditori potranno a loro volta aggredire i beni a lui pervenuti, perché con l’accettazione i due patrimoni (quello dell’erede e quello del defunto) si “confondono tra di loro”. 

In presenza di più eredi, quindi, spesso accade che il coerede già indebitato a livello personale preferisca non accettare l’eredità per evitare che la sua quota ereditaria venga aggredita dai propri creditori causando un danno anche agli altri parenti-coeredi. Pensiamo ad esempio a tre fratelli che, accettando l’eredità della madre, diventano comproprietari di una casa. Se uno dei tre presentasse dei debiti insoluti i creditori potrebbero rivalersi sull’immobile con il pignoramento e la vendita all’asta: un terzo della somma ottenuta dalla vendita sarebbe usato per ripagare il debito del coerede indebitato, mentre due terzi sarebbero restituiti agli altri due fratelli. 

Quando non è possibile rinunciare all’eredità

La rinuncia all’eredità non può avvenire quando:

  • l’erede richiede l’accettazione con beneficio di inventario e non lo esegue entro i 40 giorni previsti per legge;
  • l’erede ha sottratto o nascosto dei beni spettanti all’eredità.

In entrambi i casi si considera un’implicita accettazione dell’asse ereditario e, di conseguenza, l’erede subentra sia nell’attivo che nel passivo.

Cosa succede se si rinuncia all’eredità: a chi vanno i beni e chi paga i debiti del defunto?

Secondo quanto disciplinato dall’art. 521 del Codice Civile “chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”. La conseguenza diretta, quindi, è la perdita della qualità di erede che avviene con effetto retroattivo. Fino a che la procedura di successione giungerà al suo esito, il soggetto (non più erede) non potrà compiere azioni come amministrare temporaneamente l’asse ereditario del defunto, vigilare su di esso o utilizzare l’eredità. 

Per di più gli eventuali creditori, per soddisfare i loro crediti, non potranno aggredire il patrimonio dell’individuo che ha rinunciato poiché quest’ultimo si trova completamente al di fuori dell’asse ereditario.

Gli effetti della rinuncia all’eredità si producono sia in presenza di testamento sia per effetto della successione legittima (quando, in mancanza di testamento, subentrano gli eredi diretti come stabilito dalla legge). È importante inoltre distinguere la situazione in cui si è in presenza di più eredi da quella in cui l’erede è unico e diretto:

  • in presenza di più eredi – ad esempio più figli del de cuius – se uno o più soggetti rinunciano all’eredità le quote dovranno essere ripartite tra quelli rimasti;
  • in caso di rinuncia da parte del singolo erede, subentreranno quelli presenti in linea gerarchica, ovvero il coniuge e i figli. Se a loro volta questi rinunciano, subentreranno gli eredi successivi e così via.

Nell’eventualità in cui tutti gli aventi diritto decidessero di rinunciare all’eredità, il patrimonio passerebbe allo Stato, debiti compresi. Sarebbe quindi il Tribunale a liquidare l’asse ereditario in modo da pagare gli importi ai creditori in base alla precedenza acquisita. 

Come abbiamo capito, dunque, rinunciare all’eredità è una decisione da esaminare con attenzione e che merita di essere valutata caso per caso, anche con il supporto di consulenti specializzati nella ristrutturazione del debito. Se vuoi sapere di più sui temi legati ai debiti, alla gestione delle proprie finanze e alle soluzioni per risolvere una situazione debitoria iscriviti alla newsletter e leggi il blog di Esdebitami: troverai una serie di approfondimenti dedicati a questi argomenti e tante informazioni utili.

 

Crediti immagine di copertina: oksana2010/shutterstock.com – Ihor Voloshyn/shutterstock.com

Condividi su
Avatar photo
Alessandra Scerra

L’Avvocato Alessandra Scerra si è laureata nel 2011 presso
l’Università degli studi di Milano ed ha conseguito un master in
diritto fallimentare e diritto bancario.
Esperta di sovraindebitamento, è dal 2014 gestore della crisi e
collabora con diversi Organismi (O.C.C.) nelle città di Milano, Roma e Catania.
Assiste i propri clienti, imprese e famiglie, in operazioni di ristrutturazione del debito sia giudizialmente che stragiudizialmente.
Negli ultimi anni si è specializzata nella tutela dei soggetti
esecutati-debitori i cui beni immobili sono stati sottoposti a
pignoramento, al fine di garantire la salvaguardia della loro casa per
la durata della procedura con la prospettiva di concludere accordi
soddisfacenti con i creditori nel rispetto dei tempi processuali.

Articoli: 7