Pignoramento dello stipendio: quando e in che misura può essere attuato

Gestire in modo attento le proprie finanze è importante per evitare di imbattersi in una condizione di sofferenza economica a causa della quale non si riesce più a far fronte agli impegni sottoscritti. Da questa circostanza, infatti, possono scaturire conseguenze molto gravi tali da esporci ad azioni legali attivate dai creditori con lo scopo di ottenere il pagamento di quanto dovuto. Tra le misure più efficaci per raggiungere questo scopo c’è il pignoramento dello stipendio: vediamo insieme in cosa consiste, chi può richiederlo, quando può essere applicato e gli eventuali limiti previsti dalla legge. 

Cosa implica il pignoramento dello stipendio?

Il pignoramento dello stipendio è una specifica forma di espropriazione forzata che si colloca all’interno della categoria del pignoramento verso terzi. Con questo termine si definiscono le azioni esecutive attivate per questa tipologia di crediti che il debitore, a sua volta, ha verso terzi soggetti. In questo modello di pignoramento – a cui potremmo associare anche il pignoramento del conto corrente e della pensione – tra creditore e debitore si inserisce una terza figura, rappresentata dal soggetto che ha l’effettiva disponibilità di un bene o di una somma di denaro riconducibili al debitore. Questo soggetto, nell’ambito del pignoramento dello stipendio, è rappresentato dal datore di lavoro

Il datore di lavoro, dunque, è obbligato a versare al creditore una precisa somma di denaro, entro alcuni limiti che evidenzieremo più avanti. Ciò significa che a titolo di stipendio o di salario il lavoratore si vedrà riconoscere una cifra più bassa, decurtata dell’importo versato al creditore, fino al completo pagamento di uno o più debiti. 

Precisiamo che il pignoramento dello stipendio non esclude la possibilità che i creditori attivino altre azioni esecutive sul patrimonio del debitore, come il pignoramento del conto corrente oppure di beni immobili e mobili di sua proprietà.

Chi può pignorare lo stipendio?

Il pignoramento dello stipendio può essere richiesto da qualunque creditore, pubblico o privato, che abbia un titolo di credito nei confronti del debitore, come ad esempio un assegno andato insoluto, una fattura non pagata, una cambiale o un contratto di mutuo. Tuttavia, è importante precisare che esistono delle regole, in base alle quali si applicano specifici limiti che andremo a indicare più avanti. 

Come si arriva al pignoramento dello stipendio: gli step della procedura

La procedura di pignoramento dello stipendio si articola in diversi passaggi. Innanzitutto, come indicato in precedenza, il creditore deve possedere una prova certa e valida che attesti il suo diritto. In base ad essa può richiedere al Giudice di emettere un decreto ingiuntivo, atto con cui intima al debitore di effettuare il pagamento entro 40 giorni dalla sua ricezione.

Precisiamo che il debitore può opporsi al decreto ingiuntivo, se ritiene che vi sia un valido motivo. Tuttavia, questa azione prevede l’apertura di un procedimento giudiziario, con costi ulteriori rispetto all’eventuale debito finale da pagare. 

Se il debitore non agisce in alcun modo, il decreto diventa esecutivo, generando l’obbligo di pagare l’importo previsto più le eventuali spese legali. In questo frangente il creditore, tramite l’ufficiale giudiziario, invia al debitore l’atto di precetto con cui richiede il pagamento del debito entro un massimo di 10 giorni, decorsi i quali il creditore può procedere con il pignoramento dello stipendio.

In che misura si può pignorare lo stipendio: i limiti previsti

Il nostro ordinamento vieta il pignoramento dell’intera quota di stipendio, garantendo al debitore il cosiddetto “minimo vitale“, ovvero un importo economico che permette al debitore di affrontare le spese quotidiane. 

La somma massima pignorabile dallo stipendio è pari a 1/5 del suo valore netto, ma è importante precisare che questa regola non vale sempre e che in alcuni casi si può arrivare a pignorare anche i 2/5. Infatti, la legge distingue tre categorie di debiti:

  • debiti alimentari, come l’assegno di mantenimento per i figli o per l’ex coniuge;
  • debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;
  • altri tipi di debiti.

Se ci sono più creditori che hanno diritto a un debito inerente la medesima categoria, sarà possibile pignorare sempre e solo 1/5. Quindi, nel caso in cui vi sia già un creditore che ha richiesto il pignoramento, quello successivo deve attendere che l’importo venga completamente soddisfatto prima di poter ricevere a sua volta soddisfazione. 

Se invece la richiesta di pignoramento riguarda diverse categorie di credito, il valore pignorabile dello stipendio può essere portato fino a un massimo di 2/5; le richieste di debito, inoltre, possono essere soddisfatte in contemporanea, restando sempre entro questi limiti.

Nel caso in cui fosse l’Agenzia delle Entrate a procedere con il pignoramento, tuttavia, valgono soglie differenti, ovvero:

  • 1/10 per stipendi inferiori ai 2.500 euro;
  • 1/7 per quelli tra i 2.500 e i 5.000 euro;
  • 1/5 per importi superiori ai 5.000 euro.

Non esiste un valore minimo entro il quale non si può effettuare il pignoramento. 

Ad esempio, se si riceve uno stipendio di 600 euro, per il creditore che procede con questa azione esecutiva (salvo l’ipotesi dell’Agenzia delle Entrate) sarà sempre possibile pignorarne 1/5 (pari a circa 120 euro). La presenza di un’ulteriore trattenuta come la cessione del quinto, inoltre, non incide sull’importo da pignorare.

La situazione è diversa per il pignoramento della pensione. In questo caso la legge 21 settembre 2022 n.142 ha stabilito che la somma sotto cui è previsto un divieto di trattenuta è pari a 1.000 euro. Tale disposizione riguarda tutti i pignoramenti pendenti o in prossima esecuzione dal 22 settembre 2022. Per quelli azionati in precedenza vale la regola del minimo impignorabile pari all’assegno sociale aumentato della metà.

Pignoramento dello stipendio: cosa succede se si perde il lavoro?

Cosa succede se il debitore perde il lavoro e non riceve più lo stipendio? Il pignoramento decadrà fino al presentarsi di un’altra fonte di reddito da lavoro che indurrà il creditore ad avviare una nuova procedura di pignoramento.

Tuttavia è importante precisare che la cessazione del pignoramento dello stipendio legittimerebbe il creditore ad aggredire, eventualmente in alternativa, il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) oppure il TFS (Trattamento di Fine Servizio), quest’ultimo valido per i lavoratori pubblici e statali assunti prima del 31 dicembre 2000. 

Le conseguenze di un pignoramento possono essere gravi: per questo, se si è in difficoltà a ripagare i propri debiti è importante non ignorare il problema e affidarsi a un team di professionisti che possano aiutarci a risolvere la situazione. Se ti interessa sapere di più su queste tematiche, ricevere consigli per gestire meglio le tue finanze e per uscire da una situazione di sovraindebitamento, iscriviti alla newsletter e leggi il blog di Esdebitami Retake per trovare tutti gli approfondimenti che stai cercando.

 

Crediti immagine di copertina: S.V.G./shutterstock.com

 

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Alessandra Scerra

L’Avvocato Alessandra Scerra si è laureata nel 2011 presso
l’Università degli studi di Milano ed ha conseguito un master in
diritto fallimentare e diritto bancario.
Esperta di sovraindebitamento, è dal 2014 gestore della crisi e
collabora con diversi Organismi (O.C.C.) nelle città di Milano, Roma e Catania.
Assiste i propri clienti, imprese e famiglie, in operazioni di ristrutturazione del debito sia giudizialmente che stragiudizialmente.
Negli ultimi anni si è specializzata nella tutela dei soggetti
esecutati-debitori i cui beni immobili sono stati sottoposti a
pignoramento, al fine di garantire la salvaguardia della loro casa per
la durata della procedura con la prospettiva di concludere accordi
soddisfacenti con i creditori nel rispetto dei tempi processuali.

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